Originario della valle di Primiero, proveniente da una famiglia di falegnami da tre generazioni, vive a Trento, dove è titolare di una bottega di restauro di mobili. Diplomatosi nel 1980 presso l’Istituto statale d’Arte Alessandro Vittoria di Trento, dopo quattro anni di esperienze nel settore della falegnameria, si è specializzato frequentando a Rovereto un corso di restauro del legno organizzato dalla Provincia di Trento. Ha avuto così la fortuna e l’occasione di incontrare Franco Gilmozzi, docente del corso, famoso per essere stato il falegname di Fortunato Depero, artista roveretano Futurista.
Fu un grande onore essere stato invitato dallo stesso maestro a restare in bottega per completare la formazione, alla fine del corso. Le sue parole al momento dell’invito: “Io ti pago con quello che ti insegno” si sono rivelate veritiere, e l’esperienza di “garzone”, svolta secondo le antiche regole di bottega, è stata un’occasione unica e preziosa: il maestro Gilmozzi è stato, infatti, un grande insegnante non solo della tecnica, ma anche dell’approccio artistico, filosofico e umano alla professione del restauratore.
Forte e maturo di questa esperienza, nel 1986 ha aperto il suo laboratorio di restauro di mobili ” Bottega di Restauro” a Trento.
In questi trent ’anni ha potuto scegliere di dedicarsi a diverse tipologie di restauro: dalle committenze pubbliche, per esempio con la collaborazione al restauro degli arredi del Teatro Sociale di Trento, all’ambito privato sia su mobili rustici, sia su arredi di pregio, in particolare è specializzato nel recupero di mobili intarsiati. Nel corso della sua esperienza lavorativa, ha avuto incarichi di docenza in corsi specifici di restauro del legno, con approfondimenti teorici e pratici.
Nato come mestiere e passione, questo lavoro ha rivelato anche aspetti creativi e giocosi che Marcello ha interpretato negli ultimi anni con la creazione di orologi da parete attraverso il recupero di vecchi legni destinati allo scarto: un gioco, una sfida creativa che è diventata oggi un’attività parallela a quella ufficiale. La particolarità di queste realizzazioni è l’inusuale fusione di elementi, riconoscibili come parte di mobili, reinterpretati e riportati a nuova vita. Le curiose modulazioni cromatiche, il gioco di accostamenti, di volumi spostati, di vuoti improvvisi e materia in bilico, creano oggetti di grande originalità ed eleganza.
Nonno Martino Doff Sotta ritratto a matita di papà Albino Doff Sotta
le mie radici……………….
Gli anziani primierotti ricordano sicuramente la Falegnameria Doff Sotta, i “Martinoti” di Imer, i cui manufatti esterni e interni si possono trovare in una quantità incredibile di case di Primiero. Non solo case, e questo forse sono in tanti a non saperlo, ma anche chiese e palazzi padronali e istituzionali. I “Martinoti” prendono il nome dal capostipite Martino Doff Sotta, un personaggio eccezionale per l’intelligenza e il carattere forte e volitivo, nato ad Imer nel 1872 e morto all’età di soli 62 anni nel 1933, avendo il tempo comunque di avviare all’arte della falegnameria quattro dei suoi 12 figli e dare vita a una attività che sicuramente ha contribuito a dare un’impronta particolare alle costruzioni e agli interni delle case di Primiero. Una mostra curata da Rossana Pellegrin Brandstetter, appena conclusasi a Imer, ha portato alla luce una quantità sorprendente di materiale (disegni, progetti, foto, documenti, attestazioni, lettere…), che dimostra quanto hanno fatto in Primiero i “Martinoti” di Imer. Nel 1895, Martino Doff Sotta forma insieme a Giovanni Tomass e Arcangelo Loss il Consorzio dei falegnami di Imer e nel 1911 viene chiesta e ottenuta una sovvenzione all’impero Austroungarico, a condizione che uno dei tre si diplomasse a Trento, all’istituto Arte e Mestieri. La scelta cade su Martino, che così perfeziona la già innata capacità professionale e artistica. I disegni e i progetti esposti alla mostra ne sono una dimostrazione. Degni eredi furono i quattro figli che continuarono la sua attività: Bepi, Gigi e soprattutto Albino e Minico, quest’ultimo (morto nel 1990) da autodidatta, negli anni ’60 e ’70, divenne uno dei più quotati progettisti di Primiero, con proposte e soluzioni architettoniche innovative, che (non avendo titoli di studio) venivano poi firmate senza alcun ulteriore intervento da ingegneri e architetti del luogo. E’ possibile ammirare l’arte dei “Martinoti” in diverse chiese (Pieve, Fiera di Primiero, Imer, Tonadico, Siror, Transacqua, Canale e Caoria), in cui portali, banchi, confessionali, altari e quant’altro sono opera della loro falegnameria.
07 luglio 2011